Carta o contante? Il dilemma delle micro-imprese umbre

Per il senatore Pillon "non è militarizzando le transazioni che vai a risolvere il problema dell'evasione", mentre per il professor Argentiero "è necessario che lo Stato riduca il costo delle commissioni bancarie per incentivare l'uso della carta di credito".
Contante sì, contante no? Posizioni diverse per una Regione in cui è ancora fortemente diffuso il pagamento cash

Favorire l’uso della carta di credito oppure lasciare ai cittadini la libertà di pagare in contanti? Un argomento che da anni vede dibattere la politica e a cui il governo intende rispondere, ponendo un limite al tetto dei pagamenti in contanti da 3.000 a 2.000 euro. Previste anche sanzioni ai commercianti che non accettano pagamenti elettronici tramite POS. Il motivo è sempre lo stesso: la lotta all’evasione fiscale.

Secondo i dati dell’Osservatorio sulle carte di credito e Digital Payments, nel 2018 i i pagamenti elettronici in Italia sono cresciuti del 6,8%, per un totale di 80 miliardi di euro di transizioni.
In Umbria, tuttavia, sulla base dell’elaborazione di Banca d’Italia del gennaio del 2019 sul report della Banca centrale europea, “The use of cash by households in the euro area”, i pagamenti in contante sono ancora i più, circa l’85% del totale. La regione si colloca a metà nella classifica nazionale: in cima vi è la Lombardia, con l’80,7% delle transazioni totali in contanti, mentre in coda c’è la Calabria, con il 94,3% dei pagamenti cash.

Libertà di spesa – Per il senatore della Lega Simone Pillon, a favore del pagamento in contanti, “le misure nella legge finanziaria danneggeranno parecchio l’economia umbra, fondata principalmente su transazioni di piccola entità”. L’Umbria è infatti una regione che si basa sul lavoro di piccoli imprenditori, di artigiani, di commercianti e di liberi professionisti. “Ogni rincaro- spiega Pillon- su questa economia rischia di creare un appesantimento intollerabile. Secondo me, la vera evasione fiscale si annida nelle multinazionali che evadono ogni anno milioni di euro, mettendo sedi fittizie in Irlanda o in Lussemburgo. L’artigiano o il piccolo imprenditore spesso evadono per sopravvivenza a causa di un fisco elevatissimo”. Il senatore propone quindi la sua ricetta per combattere l’evasione fiscale: “Andiamo a colpire le multinazionali, poi, dopo aver abbassato le tasse, potremo colpire i nostri. L’unica misura per ridurre il nero è avere un fisco più equo. Non è militarizzando le transazioni che vai a risolvere il problema”.

Tracciabilità e fedeltà fiscale contro l’evasione – A favore, invece, del pagamento elettronico è Amedeo Argentiero, professore di economia politica all’Università di Perugia. “Il cittadino- spiega Argentiero- sceglie oggi di pagare con la carta di credito solo per una maggiore sicurezza. Se infatti si perde la carta è possibile bloccarla. Se però fosse veramente incentivato a usare la carta- senza però tassare il contante– sarebbe meglio”. Per Argentiero, lo Stato dovrebbe fare due cose per contrastare il nero: “è necessario favorire la fedeltà fiscale attraverso incentivi e vantaggi economici perché le imprese devono essere nelle condizioni di pagare le tasse, ora troppo alte. Il governo dovrebbe poi aprire un tavolo di confronto con l’Abi, l’associazione bancaria italiana, per ridurre il costo delle commissioni bancarie”. “Dalla relazione della commissione Giovannini- continua Argentiero- sull’economia sommersa, vediamo che nel 2015 l’Umbria è la seconda regione dopo il Molise per la rivalutazione del fatturato: ciò vuol dire che molte imprese sotto-dichiarano il fatturato. La nostra è una terra costituita soprattutto da micro e piccole imprese. E’ lì che si concentra soprattutto l’evasione”.

Autore

Marcello Mamini

Nato a Torino il 10/10/1995. Laureato in culture e letterature del mondo moderno presso l'Università Unito di Torino. Giornalista praticante del XIV Biennio della Scuola di Giornalismo Radiotelevisivo di Perugia.