Gli “alieni” sono già in Umbria (e li conosciamo benissimo)

Dal cinghiale alla nutria, per garantire prede ai cacciatori o per la moda: ecco come animali invasivi provenienti da altri Paesi si sono diffusi nella nostra regione
Sauro Presenzini, presidente del WWF Umbria: «Sono una grave minaccia alle specie in pericolo di estinzione»

Gli alieni sono in mezzo a noi. Non pensate a piccole creature verdi, con teste allungate, occhi grandi e lunghi arti. Sono animali con cui abbiamo a che fare tutti i giorni, che vediamo quotidianamente facendo una passeggiata al parco o sul ciglio della strada di notte. Sono specie che vengono definite “aliene” non perché provengano da un altro pianeta, ma perché per caso (e non solo) – ma comunque a causa dell’uomo – si sono stabilite in Italia e in Umbria pur essendo originarie di altre regioni o addirittura di altri continenti.

Non bisogna immaginare solo animali esotici con colori sgargianti o particolari caratteristiche: molte di queste specie ormai si sono integrate pienamente nel nostro ecosistema, anche se non sempre senza creare disagi e problemi ad altri animali o all’uomo. «Pensate al cinghiale: quello che vediamo oggi è stato introdotto esclusivamente per motivi venatori – spiega Sauro Presenzini, presidente del WWF Umbria – dall’Europa dell’Est. Arriva a pesare fino a 200 kg, quattro volte tanto il cinghiale maremmano, ormai praticamente sparito».

Conflitto tra specie autoctone e specie aliene – È solo uno dei tanti casi in cui specie autoctone (stanziali sul territorio) vengono soppiantate da quelle alloctone (aliene). «Le specie aliene invasive sono la seconda causa di perdita di biodiversità – continua Presenzini – e la terza più grave minaccia alle specie in pericolo di estinzione in Europa. Guardate cosa è successo con lo scoiattolo grigio: è arrivato dall’America e ha praticamente del tutto soppiantato il nostro scoiattolo rosso».

Il ruolo della caccia – Capita spesso che la caccia sia il motivo per cui questi animali vengono importati. Il colino della Virginia, un uccello simile alla quaglia, è stato introdotto in Italia come “pronto caccia” (ovvero al solo scopo di essere cacciato). Servivano animali in più perché negli anni Settanta e Ottanta la caccia era molto più diffusa. In Italia, secondo i dati Istat, si contavano più di un milione e mezzo di cacciatori (il 3% della popolazione), mentre oggi sono meno della metà.

Quando la moda cambia la natura – Anche la moda può essere la causa di queste invasioni. L’esempio più famoso è la nutria. Ormai siamo abituati a vedere questo grande roditore nei nostri fiumi e canali, ma in realtà è originario del Sud America. «Negli anni Ottanta è stato introdotto come animale d’allevamento per la produzione di pellicce, venduto con il nome di castorino Spitz. Poi, quando la moda è passata, è diventato troppo costoso e poco produttivo mantenerli e qualcuno li ha liberati», racconta Presenzini. E così, grazie alla loro alta prolificità, si sono diffusi in tutto il Paese.

Il problema è che prevenire questo fenomeno è quasi impossibile. Secondo Presenzini, «al massimo si può, una volta appurato che una specie è sicuramente dannosa, avviare un processo di eradicazione, di contenimento», un processo difficile che in Umbria, ad esempio, viene attuato con lo scoiattolo grigio tramite la sterilizzazione. La prossima volta che andate a fare una passeggiata, dunque, guardatevi intorno: stando attenti a ciò che vi circonda, non sarà impossibile vedere un alieno. Certo, forse non quello che vi sareste aspettati.

Autore

Gabriele Rossi

Nato a Viterbo nel giugno del 1999. Dopo aver conseguito il diploma al liceo scientifico mi sono trasferito a Milano dove, all’Università degli Studi, ho conseguito la laurea in Scienze politiche e studi internazionali, con una tesi storica sui movimenti politici e sociali. Ed è proprio la passione che ho sempre avuto per la politica che mi ha fatto avvicinare al mondo giornalistico.