Corsa contro il tempo: i rider tra sfruttamento, identità false e “caporalato”

A Terni la prima grande protesta dell'Umbria. Il portavoce Alessio Badoglio: «Siamo un centinaio, basta con lo sfruttamento: è una guerra tra poveri»
Il settore delle consegne è in continua espansione: il 48% degli italiani ordina cibo a domicilio e i fattorini digitali sarebbero oltre 30mila

C’è una linea sottile, quasi impercettibile, che separa il progresso dallo sfruttamento. Il settore delle consegne di cibo è un esempio lampante di come possa prevalere il secondo sul primo, con fenomeni di lavoro nero, caporalato, e un vero e proprio mercato nero delle identità. Questo è ciò che quasi ogni rider è costretto ad affrontare in una quotidianità fatta di precarietà e scarse tutele, mentre si pedala a più non posso per consegnare il cibo in tempo.

La rivolta di Terni – A Terni, però, ci si ribella. Il 22 gennaio, decine di rider hanno deciso di scendere in piazza per far sentire la loro voce. «Alla manifestazione hanno partecipato praticamente tutti i lavoratori, che in città sono poco più di un centinaio. L’obiettivo era quello di mandare un segnale alla politica e ai giornali», racconta il portavoce dei ciclofattorini della città, Alessio Badoglio. Ternano, 46 anni, racconta di essere stato uno dei primi rider del capoluogo umbro. «La piattaforma più diffusa qui è Deliveroo», soprattutto per la consegna di cibo, poi c’è Glovo, ma la concorrenza è poca. «Grazie a questo i controlli sono scarsi», sottolinea Alessio, che denuncia un vero e proprio racket.

Alessio Badoglio, portavoce dei rider ternani

Il caporalato tra i rider – «È una guerra tra poveri» tuona Badoglio: «Vengono sfruttate persone senza permesso di soggiorno, gente che non parla l’italiano e che non può lavorare a priori, perché non ha nemmeno i documenti, cosa che da contratto non è ammissibile». Si tratta di un vero e proprio sistema di subappalto: alcuni rider creano più profili nelle piattaforme digitali e li cedono ad altri lavoratori non registrati, incassando una percentuale delle consegne registrate sull’account. «In passato alcuni ciclofattorini residenti in Germania cedevano il loro profilo a persone non abilitate a lavorare, che prendevano gli ordini a Terni utilizzando le identità dei tedeschi. La piattaforma digitale – continua il portavoce – permette tutto questo, perché basta scaricare l’applicazione ed entrare con un account per lavorare». Ma come è possibile ingannare così facilmente Deliveroo?

Il mercato nero delle identità – «Quando si apre l’app per ricevere gli ordini, bisogna fare le verifiche dell’identità tramite il riconoscimento facciale. Questa procedura, però, è del tutto superabile, perché, in alternativa, si può allegare il documento di riconoscimento». Riuscire a ingannare la piattaforma è dunque molto semplice: in molti presentano carte d’identità fasulle. La negligenza con cui viene affrontato il lavoro dei fattorini digitali porta, quindi, alla nascita di un mercato sommerso di profili a pagamento, un fenomeno preoccupante che rischia di crescere a macchia d’olio senza apposite verifiche.

Manifestazione dei rider a Terni

Mancanza di controlli – E non è tutto. A peggiorare la situazione è la mancanza di controlli igienici e dell’uso corretto degli zaini per il trasporto del cibo. La situazione preoccupa anche i ristoratori, che spesso rifiutano di assegnare gli ordini, perché il rider che se ne occupa presenta carte d’identità con generalità diverse rispetto al proprietario dell’account e in molti documenti non compare nemmeno il cognome. «Nessuno vigila. È il lavoratore che, quando accetta il contratto, acconsente alla verifica dell’identità e autodichiara l’idoneità del mezzo. Non si può continuare così» conclude Badoglio.

Conseguenze e rimedi – Le conseguenze di queste gravi mancanze danneggiano l’intera popolazione italiana, ma soprattutto i lavoratori e la clientela. Secondo uno studio Inapp del 2022, il numero dei rider nel Paese supererebbe le 30.000 unità, anche se c’è un’oggettiva difficoltà a quantificare il fenomeno. Nonostante la situazione sia così precaria, oltre la metà dei rider in Italia non ha una strada alternativa per guadagnarsi da vivere: solo per il 12% questo impiego è un modo per integrare il proprio reddito e non un’unica fonte di guadagno. La proposta di Badoglio è di prevedere degli addetti nelle attività di ristorazione, un professionista che giri e si accerti che l’ordine venga caricato correttamente, che le borse siano pulite e che il fattorino sia effettivamente quello previsto e accreditato. Un sistema di monitoraggio e di verifica per frenare il caporalato, lo sfruttamento e per garantire tutele adeguate ai rider: per questo Badoglio sta lavorando insieme al Comune di Terni ad un provvedimento che obblighi i controlli nei ristoranti, un modo che vada oltre la semplice verifica del numero di consegna. La situazione però è in stallo: «L’assessore Sergio Cardinali ha interpellato il prefetto, ma ancora stiamo aspettando una risposta».

Quale futuro? – Il settore in Italia viaggia speditissimo: secondo quanto riportato da Yougov, ben il 48% degli italiani usufruisce del servizio. A questo punto, una domanda sorge spontanea: può la comodità di ricevere un piatto pronto renderci così insensibili al pesante prezzo che i rider pagano ogni giorno?

Autore

Dario Famà

Mi chiamo Dario e sono un ragazzo di 26 anni con una grande passione per il giornalismo e la politica. Sono laureato triennale in scienze politiche e sociali e ho conseguito la laurea magistrale in amministrazione politica. Mi considero un ragazzo solare e determinato che ama guardare il calcio e giocare a tennis.