Il Far West dei rider tra consegne, ruote bucate e aggressioni

Daniele Zeeti, 42 anni, lavora con il delivery a tempo pieno dal 2019: «Le cifre dipendono dalle app, ma con alcuni colleghi abbiamo deciso di non accettare incarichi sotto i 4 euro»
«Più siamo e meno ci pagano. Hanno provato a bucarmi le ruote. A Perugia c'è stato un accoltellamento tra fattorini: penso che d'estate tornerò a far il cameriere»

Daniele Zeeti è umbro, ha 42 anni e dal 2019 è un rider a tempo pieno. Prima faceva il cameriere: «Lavoravo 12 ore al giorno – racconta – un rider mi disse che potevo guadagnare la stessa cifra consegnando cibo in macchina, così ho iniziato!». Il tempismo è dalla sua parte: la pandemia dà un’impennata alle consegne. Daniele pensa di aver trovato l’impiego per la vita. Non è così: «Il guadagno lo decide l’app. Per attirare nuovi rider venivano dati corrispettivi quasi esagerati, che si sono ridotti all’osso: se prima guadagnavo 1600 euro al mese, ora sono fortunato se arrivo a 1100».

Il rider Daniele Zeeti al lavoro

I guadagni – Una consegna tipo: Daniele da Assisi deve ritirare il pasto al McDonald’s di Bastia Umbra e consegnarlo a Petrignano: 15 km pagati 4 euro e 50.
Il ricavo di ogni corsa cambia in base all’app con cui lavori. La più remunerativa, spiega Daniele, è «Glovo, perché paga 1 euro ogni chilometro, ma è improbabile trovare consegne. Con Deliveroo dipende da quanti rider ci sono nelle vicinanze: più siamo e meno ci pagano.»

Una concorrenza senza regole – Una sera Daniele ha trovato uno strano oggetto vicino alla sua auto: un tappo di sughero dove erano stati conficcati dei chiodi. Era stato posizionato sotto la ruota della macchina, in maniera tale che facendo retromarcia, avrebbe bucato una gomma. Era stato, secondo Daniele, un altro rider che voleva ostacolarlo per accaparrarsi più consegne e guadagnare di più- «E’ successo altre volte – racconta – per fortuna ho visto questo oggetto luccicare, altrimenti avrei bucato una gomma. Mettere fuori gioco, anche per mezz’ora, uno con la mia esperienza, significa più consegne per queste persone. Qualche tempo fa al McDonald’s di Perugia, dei rider si sono presi a coltellate. Mi guardo sempre le spalle…»

Il tappo di sughero posizionato sotto la macchina di Daniele per impedirgli di lavorare

Un contesto difficile –  Tutto questo ha spinto Daniele a pensare di cambiare aria: «Credo che tornerò a fare il cameriere per la stagione estiva. Il lavoro da rider non è pesante, ma causa stress, quando rincasi pensi sempre se avessi potuto fare più consegne.»
Nonostante ciò Daniele prende con il sorriso il suo lavoro e ha trovato alcuni colleghi con cui fare squadra: «Siamo un gruppo di rider che ha deciso di non accettare consegne al di sotto dei 4 euro. Il minimo stabilito da Deliveroo è di 3,60. Il nostro scopo è indurre le App ad aumentare i pagamenti, ma molti colleghi stranieri, spinti dalla fame, accettano qualsiasi consegna».

Le condizioni di lavoro – Fare il rider oggi spesso vuol dire accettare condizioni lavorative molto difficili, che in alcune circostanze – denunciano gli stessi sindacati – possono essere definite vero e proprio sfruttamento. E’ il caso, ad esempio, di alcuni ragazzi immigrati irregolarmente, che non avendo documenti hanno bisogno di appoggiarsi a qualcun altro per aprire un profilo. Il guadagno delle consegne, spiega Daniele, arriva sui conti bancari di questi intermediari che pagano in contanti il rider, trattenendo una percentuale. Un’intermediazione illecita: un reato, secondo il codice penale, perché si esercita una sorta di mediazione fra il lavoratore e il datore di lavoro a scopo di lucro. Il fenomeno è contrastato in modo troppo debole da magistratura e sindacati, infatti è una questione annosa che non è evidentemente ancora risolta.

Un rider in via Cortonese a Perugia, sede del McDonald’s

Il futuro – Nonostante i rider sempre più diffusi, la legge ancora non li tutela al pari degli altri lavoratori. Daniele ha la sua opinione su cosa potrebbe cambiare nel funzionamento delle app: «Occorre tornare alla meritocrazia – sostiene – oggi ognuno può accendere il telefono e lavorare. Prima, invece, gli ingressi erano limitati e le persone che lavoravano da più tempo avevano consegne riservate». Daniele, con le altre migliaia di rider italiani, auspicano che la politica possa prendere finalmente in mano la questione.

Autore

Francesco Barbaro

Nato a Roma dove ho frequentato il liceo classico e mi sono laureato in giurisprudenza a Roma Tre. Il primo lavoro da giornalista è stato nella redazione di Live Sport Academy. Dopo l'università ho iniziato il tirocinio da avvocato e lavorato in una grande azienda. Ho interrotto tutto venendo a Perugia, per frequentare la scuola di giornalismo. Ho la passione per il teatro.