Luca Bigicchia chiama “uva stupenda” quella che aspetta fino ad agosto, quando camminando tra i vigneti la vede “abbastanza gialla, significa che il trebbiano è quasi pronto e mi sento felice.” Giulio Rinaldi, invece, ama immaginare il vino: dal gusto al colore, e quando lo imbottiglia, se assaggiandolo ritrova quel sapore che aveva sognato, è questo che lo rende felice. Luca e Giulio sono due amici di 38 anni, nati e cresciuti a Mercatello, una frazione di Perugia circondata da terreni agricoli e vigneti. Sin da giovanissimi si sono dedicati alla vinificazione, lavorando come operai nelle varie cantine locali, ma è nel 2015 che hanno avuto l’idea di produrre qualche bottiglia per casa, come tanti fanno in zona.

Un progetto unico – Stavolta, però, non non volevano usare un vigneto qualsiasi: ne hanno cercato uno abbandonato, che giaceva incolto poco lontano da casa. Così, quasi per caso, è nato un progetto più unico che raro, portato avanti solo per passione perché, a detta di Giulio, «questo non è un sistema “economico”. Per recuperare un filare abbandonato ci vogliono circa tre anni, in base alla risposta della vigna si possono produrre 800-1000 litri di vino. In tabelle di produzione vitivinicola è irrilevante». Malgrado tutto, però, non si sono fermati e quell’anno, dopo aver recuperato un campo di viti, hanno creato le prime 200 bottiglie. I vecchi contadini locali, che da tempo avevano smesso di badare alle loro terre, non ci hanno pensato due volte e gli hanno affittato i loro terreni. Così, nel 2018, i due amici sono arrivati a recuperare ben 3 ettari di filari incolti, guadagnandosi il soprannome di “restauratori di vigneti”.
Restaurare una vigna – Ma cosa significa restaurare una vigna? Prima di tutto «portare avanti quello che era stato iniziato dalle generazioni precedenti, quello che era stato piantato» dice Luca, «manteniamo il patrimonio vitivinicolo, gli diamo una seconda vita, ma con un’accezione aziendale». Non solo, restaurare un vigneto significa portare alla luce un vino dal sapore più unico che raro perché nato da uve con radici vecchie di 50 anni. Da queste intuizioni nasce la cantina Lumiluna, che firma la sua prima vendemmia nel 2018, ricongiungendo il passato con il futuro. Tra le loro creazioni più particolari vantano i “rifermentati in bottiglia col fondo”, vini inconsueti che donano “leggerezza al palato” o le etichette disegnate con i loro personaggi preferiti, come il grechetto “Rex Banner” o il Sangiovese “Mindy”. In termini di vendite, il 50% dei vini Lumiluna rimane in territorio umbro, un 25% è distribuito in tutta Italia, specialmente a Verona e, il restante 25%, si riversa nel mercato estero: Austria, Danimarca, Svezia, Giappone e Stati Uniti.
Gli obiettivi – Una storia amarcord con un tocco moderno che passa dalle le colline sotto casa e quelle oltreoceano, tenendo fermo l’obiettivo: «Portare dell’uva non tanto conosciuta ad un livello di bontà alto, per un pubblico ampio – racconta Giulio – noi non vogliamo creare un vino per il commercio ma un vino commerciabile».