“Chi dorme non piglia pesci”: da Perugia a Seul, l’invasione delle opere di Merioone

I pesci simbolo dello street artist infestano 84 centri nel mondo, accompagnati da un monito: "Don't sleep", non dormire
«L'arte di strada realizza un museo nel quale sei obbligato ad entrare anche senza aver comprato il biglietto. Il mio obiettivo: arrivare a 100 città»

Vi è mai capitato, mentre vi trovavate in una città qualsiasi, di imbattervi nell’immagine di uno strano pesce antropomorfo? Forse non ve ne siete resi conto, ma sicuramente la risposta è sì. Si tratta dell’icona di Merioone, street artist romano classe 1995. Il suo cammino artistico inizia proprio con quel pesce, simbolo del suo segno zodiacale, da cui prenderà vita il progetto che l’ha portato a colonizzare 84 città nel mondo, da Roma a Perugia, da Seul a New York. Una vera e propria “invasione” di pesci, diffusi attraverso sticker e poster che tappezzeranno diverse città. Un fenomeno in espansione che lo ha reso uno dei writer più noti a livello nazionale e non solo.

Come hai iniziato con la street art?
«Tutto è cominciato con i graffiti. Già dalle prime scritte sui muri con i miei compagni di scuola ho capito che lasciare quel tipo segno era una cosa che mi apparteneva. Mi è sempre piaciuto disegnare, e dedicandomi ai graffiti associavo al lettering un puppet (elemento figurativo, ndr). Ero incline a creare mostriciattoli o personaggi di fantasia affini al mondo animale, fino a quando sono arrivato al pesce stilizzato che è diventato il mio simbolo».

C’è stato un momento o un artista che ti ha ispirato particolarmente?
«Un artista che mi ha ispirato particolarmente fin dal principio è stato Keith Haring. Mi ha sempre affascinato il suo modo di comunicare con linee semplici ed il suo approccio alla strada è stato per me un esempio assolutamente stimolante». 

Com’è nato il movimento di “Fishes Invasion”?
«È nato piuttosto casualmente. Nell’estate del 2015 mi trovavo a New York ed in uno dei tanti momenti in cui disegnavo i miei animaletti, ho realizzato il pesce. Fin da subito ho sentito un particolare legame con questo personaggio ed ho pensato “voglio lasciarlo ovunque vada”. Così a New York ho cominciato a realizzare i miei primi sticker e a spargerli in giro per la città. Da lì in poi è stato un lungo viaggio». 

Alcuni dei luoghi “colonizzati” da Merioone

Qual è stato il tuo primo lavoro su strada e come ti sei sentito nel vederlo completato?
«Il mio primo lavoro per strada è stato un poster vicino a Campo de’ Fiori a Roma. Un pesce stampato alto circa 30 cm, che all’epoca mi sembrava grande. A vederlo sul muro ho provato una sensazione difficile da spiegare ma comunque appagante».

Da dove trai ispirazione per la tua arte?
«Per quanto riguarda i lavori legati alle “invasioni” in giro per il mondo, l’ispirazione principale sono gli usi e costumi del posto. Amo vedere il pesce trasformarsi per adattarsi a nuove città e culture». 

Come scegli i luoghi in cui realizzare le tue opere?
«Giro a lungo la città alla ricerca dello spot adatto. Tendenzialmente mi piacciono i punti di passaggio, ben visibili ed incastonati nel contesto della città. Cerco sempre di rispettare lo spazio in cui opero anche se alcuni possono pensare il contrario. Spero sempre che le mie opere entrino in contatto con i residenti e che sia per loro un valore aggiunto all’ambiente circostante».

Quali tecniche e materiali preferisci usare? Hai un processo creativo particolare?
«Realizzo le mie opere principalmente su carta, a mano, tramite l’utilizzo di acrilici o spray. Tutto parte dalla progettazione dell’opera con schizzi o bozze digitali per poi essere effettivamente realizzata».

Pensi che la street art sia ancora vista come vandalismo o oggi sia riconosciuta come una forma d’arte legittima?
«Per come è intesa oggi, secondo me, si avvicina più al muralismo. La street art, per come è nata e per come la intendo io, è quasi per sua natura illegale».

Quanto è importante il messaggio nei tuoi lavori? Cerchi sempre di comunicare qualcosa di specifico?
«Non mi piace legare le mie opere a tematiche politiche o sociali. Mi piace che le mie opere siano “leggere” e che ognuno possa dargli il significato che vuole. L’unico messaggio che lascio è “Don’t Sleep”, come a dire “chi dorme non piglia pesci”, che è un po’ la mia filosofia di vita. Se vuoi una cosa non puoi fermarti a dormire, ti alzi e la prendi».

Qual è la differenza principale tra la street art e altre forme d’arte più tradizionali, secondo te?
«A parte l’utilizzo di tecniche tipicamente legate alla street art (come stencil, sticker, spray…), credo che la vera differenza sia nel veicolo della comunicazione. L’arte urbana realizza un museo nel quale sei obbligato ad entrare anche senza aver comprato il biglietto».

Hai mai avuto reazioni inaspettate da parte delle persone che vedono le tue opere?
«Sì, sia positive che negative. Come detto nella risposta precedente, quando i tuoi lavori sono per strada e quindi tutti possono vederli, i tuoi lavori possono piacere e ancor di più non piacere. Fa parte del gioco».

Come sta evolvendo secondo te il mondo della street art e delle crew, i gruppi di giovani writers?
«Per quanto riguarda il mondo degli sticker e dei poster, il movimento negli anni è cresciuto tantissimo. Sono sempre di più gli artisti che decidono di intraprendere questo percorso e lasciare il loro segno per strada, come collettivo o come individui singoli».

Hai qualche sogno nel cassetto o un posto dove vorresti assolutamente dipingere?
«Sì, ne ho molti e spero di poterteli raccontare tutti una volta realizzati. La lista dei posti è ancora lunga, sicuramente mi piacerebbe tornare presto in Sud America. Voglio raggiungere le 100 città nel mondo».

Autore

Caterina Aurora Malanetto

Nata a Torino nel 2001 e cresciuta nella provincia, sono da sempre appassionata di politica e attualità. Dopo una laurea in Scienze politiche, proseguo gli studi in Comunicazione pubblica e politica presso l'Università degli Studi di Torino. Ho scritto per alcune testate indipendenti e quotidiani locali.